Una Comunità provvisoria non stanca ma vitale!
A franco, angelo,michele cia, mario p.,mario f. , agostino, sergio,fiore, elda, david,edda, antonio,vittorio,federico michele cit,ursula,salvatore,nanos,andrea,giovanni,pietrantonio,mariatolmina,luca,mimma,ludovico,
………e ….a tutti i dimenticati (ma in effige) non per malevolenza…..ma per mia avanzata età!
“sarebbe doloroso davvero che le luci di questa casa si spegnessero”. Prendo a prestito le profonde,affettuose e generose parole di adelelmo e contunare per metafora un ragionamento 0 on sentimento di appartenenza e per cercare di capire il disagio non psicologico di franco e le ragioni e i sentimenti diversi di ognuno di noi. Ognuno di noi dal momento che ha conosciuto e frequentato la Comunità provvisoria ha colto immediatamente che si avvicinava ad una esperienza umana,culturale politica di una ‘radicalità’ nuova e di impegno coerente che abbisognava primaditutto di cambiamenti nel lessico, nelle idee e nei comportamenti pregressi che rivalutavano “l’ardore collettivo” a discapito di quello ideologico, ridavano senso all’amore per la “solitudine” nella ricerca di comunità e disdegnavano tutti i ‘ sentimenti mediani’ (in medio stat virtus !… di classica e malsana memoria ) come ‘adequatio mentis ad rem ’ ad una realtà umana e territoriale difficile,complessa ma compromessa per responsabilità soggettive ed oggettive ben definite nel tempo.Non avevamo la disponibilità e la vocazione da ‘angeli sterminatori e purificatori’ ! Si sono accese nella “casa Irpinia” delle ‘luci’ e noi siamo consapevoli che per noi questo atto illuminante e chiarificatore , dovuto e necessario , non era prioritario perché non avevamo e non abbiamo vocazioni pedagogiche e prescrittive ma esistenziali e conoscitive prima che culturali e politiche .
Abbiamo acceso le luci nella nostra casa soprattutto per poterci guardare in faccia e meglio tra di noi,per conoscerci e costruire stime e amicizie.Il nostro atto aveva senso non solo per riscoprire e amare arredamenti e suppellettili a noi familiari e cari o individuare e rifiutare le intrusioni che una indiscriminata ,indistinta e accattivante modernità vi aveva proditoriamente introdotte. A noi oggi il compito di non spegnere assolutamente la luce accesa ma soprattutto di decidere di continuare a vivere questa nostra (sic!)casa con amore , compassione, generosità e responsabilità. Noi non abbiamo la vocazione a costruire case chiuse o pòlis murate: siamo naturaliter educati al nomadismo e la transumanza vitale più che alla stanzialità rigida e solida sia nei sentimenti che nel pensiero. Diiffidiamo nei percorsi del pensiero la “reductio ad unum” astratta ed universale e amiamo i cambiamenti, le diversità e i meticciati che si intrecciano nelle reti del ‘polemos’ piuttosto che nelle trincee del ‘lògos’. Le lucide ed amorevoli ossessioni di Franco ci hanno regalato un strumento che ha voluto chiamare “paesologia” per indicarci non in modo prescrittivo che “nei piccoli paesi c’è grande vita” a patto che ci predisponiamo a vederla,sentirla, scoprirla e amarla. Di questa bellezza fatta di silenzio, luce,musica ,poesia e amicizie abbiamo voluto riempire la “grande casa di Cairano” per sette giorni come lievito per l’intero anno delle nostre vite professionali e nomadi. Questo con leggerezza e condivisione soprattutto con sentimento caldo e aperto cercando di tenere fuori dalle mura le famose “medietà” psicologiche e logiche fatte di senso comune ed ‘esperienza’che creano dissapori, incertezze, dubbi e division senza vie di fuga o di crescita. Ed erroneamente si è pensato che tutti i temi,gli interessi e le idee che ci erano care ( il parco rurale, la ricerca storico,culturale,archeologica o sociologica dei nostri passati ecc., il turismo della clemenza o della bellezza, la politica come cura di sé e degli altri, il recupero architettonico come ricerca e amore per le cose,i manufatti e gli uomini, una Università autenticamente popolare, una esperienza di clowneria come conoscenza leggera e profonda di sé e riconoscimento del dolore altrui come esperienza e comunanza di vita, un senso profondo di fare poesia e letteratura soggettivamente comunitaria e paesologica , ecc.) potessero restare fuori o allontanarsi da Cairano senza niente cambiare. Ed invece si sentiva che molto stava cambiando in ognuno di noi senza che nessuno di noi avesse il coraggio di ammettere la presenza di un ‘tarlo’ distruttivo , per paura o anche solo per scongiuro. E allora franco con i suoi nervi scoperti e la sua sensibilità esposta ha spesso ricordato con l’intransigenza dei ‘poeti’ a noi abituati oramai alle‘pennichelle’ mentali e sociali di non essere “abituato a stare in compagnie stanche”.Io credo non per masochismo o servilismo che di queste sue intemperanze benevoli e tirate d’orecchie amicali noi avevamo e abbiamo bisogno e che con maggiore generosità o lealtà si possa affrontare concretamente questa “crisi di crescita” della Comunità provvisoria e si possa mettere mano ad una discussione franca ed aperta già a partire da Nusco per definire tempi e modi per iniziare una “fase costituente” che dia slancio al nostro viaggio, chiarezza al nostro progetto e definizione alle nostre responsabilità individuali e comunitarie. Rinnovando,rivitalizzando e partecipando generosamente alle proposte ,comunicazioni e dibattiti nel nostro Blog.
mauro orlando
che dire, Mauro scrivi quello che tutti abbiamo provato dentro in questi mesi. La comunità è una casa, la casa è illuminata, è illumita dallo splendore di coloro che con coerenza e passione vi entrano. Chi vuole spegnare questa luce non capisce che sarebbe come ripiombare nel buio più profondo, quello delle nostre speranze perdute. Vi conosco da poco più di un anno e posso dirvi che siete tutti delle persone speciali, sincere, attente. La vostra amicizia mi onora e condividere con voi le idee e luoghi, Cairano ne è l’esempio è per me cescita interiore e gioia esteriore. Solo chi non è mai stato tra noi può non comprendere quanto siate effervescenti. Cerchiamo invece di spegnare altre luci, quelle che i abbagliano, che attirano fastidiose zanzare che succhiano il sangue di questa terra, quelle luci tenute in vita dalla maldicenza e dall’ignoranza.
Ci vediamo a Nusco !!!
giovanni ventre
16 settembre 2010 at 7:27 pm