COMUNITA' PROVVISORIA

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CALITRI e UNGARETTI

C A L I T R I

 Una poesia di Ungaretti da “ritrovare”        

Nel 1949, nelle edizioni della Meridiana di Milano, Ungaretti pubblicò la sua prima raccolta di poemi in prosa: Il povero nella città, composta con gli articoli comparsi nella «Gazzetta del Popolo» di Torino tra il 1931 e il 1934, periodo in cui, come inviato speciale della testata, aveva compiuto una serie di viaggi all’estero e in diverse regioni italiane, annotandone le impressioni.        

Dopo la stesura del ’31-‘34 di questi suoi poemi, il poeta  riscrisse le sue ‹prose di viaggio›, affinché volgessero alla ‹prosa d’arte› e alla poesia. Suggestionato da Góngora e da Shakespeare, in questa reinvenzione delle prose sperimentò e raffinò la figurazione barocca, percependo in sé il sentimento della «catastrofe» come gli pareva di avvertirlo negli scrittori di quel periodo. E, in effetti, le «prose di viaggio si definiscono, agnizione della catastrofe, nel ripercorrere i luoghi di un tempo esaurito, nello scavare in una storia,…, visitata come archeologico deposito di rovine».Nel 1949, anno in cui ricevette il Premio Roma per la poesia, Ungaretti si ripresentò alla cultura italiana con Il povero nella città.     

Nella “reinvenzione” del Povero compaiono anche due componimenti in versi: Lamento cairino e Calitri.Il testo di Calitri è l’ultima stesura di due precedenti scritture. La prima di queste portava il titolo Acquaforte e costituiva l’ultimo dei sette paragrafi che Ungaretti aveva dedicato agli Appunti per la poesia d’un viaggio da Foggia a Venosa, apparsi nella «Gazzetta» del 22 agosto 1934.         Limata in alcuni punti, Acquaforte fu ripresentata il 2 maggio 1946 in un giornale letterario edito a Roma, «Fiera Letteraria», in un dittico titolato Acqueforti introdotto da un breve accompagnamento a carattere documentativo-esplicativo dell’autore  

Sono due paesaggi estivi: uno è il Tavoliere in un luglio senza una gocciola d’acqua; l’altro ricorda un paesino, Calitri, dove avevo passato la giornata e pernottato tornando a Venosa dalle sorgenti del Sele. 

Andando da Venosa a Caposele Ungaretti s’era già fermato a Calitri. Da qui, dopo aver fatto colazione, ripartì con i suoi accompagnatori per far visita alla stazione dell’Acquedotto Pugliese presso il torrente Ficocchia. Fu però in questa seconda occasione che, stando al contesto notturno della terza strofa della poesia,  deve aver appuntato il testo di Acquaforte poi elaborato e intitolato Calitri. In questa nuova versione esso è uno di quei poemetti del Povero nella città che, come riferì lo stesso Ungaretti all’amico Giuseppe De Robertis in una lettera del 23 settembre 1949, è uno «dei più belli scritti in lingua italiana». Ecco il testo 

Calitri              

Deposto dal torrente c’è un macigno                      

Ancora morso dalla furia                      

Della sua nascita di fuoco.                       

Non pecca in bilico sul baratro                      

Se non con l’emigrare della luce                      

Muovendo ombre alle case                      

Sopra la frana ferme.                       

Attinto il vivere segreto                      

Col sonno della valle non si sperde;                      

Da cicatrici ottenebrate                      

Isola lo spavento, ingigantisce.  

La poesia sintetizza l’esperienza dell’esistenza, così come in una notte d’estate a Calitri la percepì il poeta.

Infatti, il contenuto della prima strofa fa riferimento a una dolorosa «nascita di fuoco»; la seconda strofa alla mobilità delle case che, per quanto siano «sopra la frana ferme», sono mosse dall’«emigrare della luce» sole, con cui  si allude al muoversi di tutta l’esistenza che pure sembra passare in modo sempre uguale.

La terza strofa fa riferimento alla morte come un buio che precipita contro il poeta che si ritrova con uno «spavento» che dentro «ingigantisce», in cui coglie il parallelo tra sé e il «macigno» «deposto dal torrente» della vita descritto al verso 1.

In questa esperienza notturna a Calitri il poeta sente:

1.     la brevità della vita, come ci autorizza a pensare la vicinanza di «deposto» e «nascita» del verso 1,2.     sé corroso, come una lastra di metallo incisa all’acquaforte (Acquaforte è il titolo originario della poesia) in quel paesaggio corroso, che portava ancora le «cicatrici» del terremoto del 1930.          Il genere letterario di Calitri rispetto ai brani del Povero, è diverso. È poesia, non prosa. In quanto tale dovrebbe essere inclusa nel corpus poetico di Ungaretti, in Tutte le poesie: tra le Poesie Ritrovate. Questa proposta non è di parte. È formulata dai due maggiori studiosi di Ungaretti: Carlo Ossola, che motiva: «Poiché in due edizioni («Fiera Letteraria» e Povero, n. p.) essa fu pubblicata in stretta unione con le prime stesure(,…,) di Preda sua (tanto che nella ‹Fiera Letteraria› del 1946 comparivano sotto lo stesso titolo di Acqueforti), e poiché l’una è stata ora ‹allegata› alle Altre poesie ritrovate, anche l’altra –coerentemente- meriterebbe la stessa destinazione», e Mario Diacono che afferma: «Calitri non è stata inclusa in Tutte le poesie, ma avrebbe ogni diritto per esserlo».        

Con il suo nuovo libro Calitri, una poesia di Ungaretti da ritrovare (Delta 3 Edizioni), Alfonso Nannariello sostiene e motiva criticamente questa richiesta nel mentre mantiene fermo il confronto tra le tre redazioni del brano colmando, con ciò, una lacuna negli studi sulle opere del poeta ermetico.  

Livia Giunti

Written by comunitaprovvisoria

22 febbraio 2008 a 10:40 am

Una Risposta

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  1. Gaetano Calabrese said, on Febbraio 25th, 2008 at 12:52 am
    ((Una doverosa decisione dopo la Giornata al Goleto al 25.02.08, ore 0:52))
    Amici vicini o lontani, un saluto ve lo devo fare.
    E’ quello di distaccarmi qui da voi per non togliere luce al bog, al proprietario di esso, ai mattoni, al moderatore pacato e solerte, ai sorrisi ricevuti e dati fuori da ogni contabilità, nonchè ai produttori del nulla e ai produttori di sè.
    Scusatemi tutti per questo disturbo, ma non siate preoccupati.
    La distanza porterà riflessioni e forse un sano ma lieve dispiacere.
    Io ne avverto già il vento e Ziè ‘Ngiulina ((^_^)), che aveva fatto già i conti prima, mi sorride ancora.
    Un abbraccio per come sentite e sentirete di ricevere e donare, Gaetano Calabrese distaccato e sereno.
    (Gaetano Calabrese, poeta errante dell’Irpinia sempre ((°_°)),
    ma per Comunità Provvisoria – senza offesa – al posto sbagliato).
    Via Marconi. 76- Tel.0827-42.799, cell.328-74.56.392,
    = posta elettronica:gaetanocalabrese @tin.it =

    Gaetano Calabrese

    25 febbraio 2008 at 12:58 am


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