Posts Tagged ‘Alfonso Nannariello’
COLORI d’AUTUNNO a Sant’Andrea di Conza
il programma è in via di definizione; è possibile partecipare ai convegni con proprie relazioni; si prevede la continuazione da febbraio a maggio 2011 con eventi in fase di preparazione.
la comunità provvisoria è naturalmente protagonista delle giornate santandreane; una sorta di cairano 7x ma dilatata nel tempo lungo dell’inverno appenninico.
Ogni suggerimento comunitario è ben accetto. grazie
(c’è tanto da lavorare, domattina -domenica 10 ottobre 2010 alle 10- saremo ad appendere i quadri della mostra che aprirà il 16; poi andremo ad Orsara di Puglia con Antonio Vespucci; convegno su cucina, prodotti e territorio all’azienda di Peppe Zullo e colazione; nel pomeriggio si va alla Masseria Paglicci a San Marco in Lamis)
chi può in generale dare una mano nell’organizzazione di COLORI d’AUTUNNO a Sant’Andrea di Conza è il benvenuto !
Come riportato nei manifesti : “Le manifestazioni non beneficiano di contributi economici pubblici né partitici; si realizzano grazie all’autotassazione degli amministratori comunali e al contributo di : “ANDREONE MARBLES” -azienda locale-
PROGRAMMA : https://comunitaprovvisoria.wordpress.com/colori-dautunno-a-santandrea-di-conza/
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bozza locandina
dopo bonito RIPARTE LA COMUNITA’
testo della ‘comunità provvisoria’
Siamo appena tornati da bonito dove abbiamo tenuto una riunione della CP. Giornata piovosissma, eravamo in tanti, circa 30, ma i comunitari non presenti ci sono mancati. La riunione è stata molto animata e partecipata, come sempre.
Accorati gli appelli a proseguire sulla strada primigenia della Comunità : Giovanni Ventre, Tonino Morgante, Michele Ciasullo, Agostino Della Gatta, Antonio Luongo, Claudio Calabritto, Sergio Gioia, Erberto di Cairano, Leggi il seguito di questo post »
Sui limiti del profondo
i lunedì dell’antropologia narrativa – di alfonso nannariello
Da casa alla stazione sarà stato 1 km in linea d’aria. D’estate, con tutte le porte aperte, sentivo passare la littorina. Qualcosa, col suo carattere di meraviglia ed incongruenza, mi sbalzava ad un altrove, mi faceva sentire diverso, mi differiva. Quel rumore metallico sul ponte dell’Ofanto era un trasalimento delle mie facoltà emotive, una rottura dei meccanismi del quotidiano, uno scrostare dal fondo le immagini interiori. Era la percezione di un senso oltre le cose, un senso che, mentre rendeva più solido il paesaggio esteriore, dentro lievitava nostalgie. Simultaneamente avvertivo il mio essere esteso mentre il mio corpo era fissato in un qui e in un ora.
La scoperta della scritta Calitri-Pescopagano sul muro della stazione era un’ulteriore ed inequivocabile indicazione della simultaneità del qui e dell’altrove. Erano presenti in un medesimo punto il limite e le possibilità. Quel rumore di ferro che tornava improvviso, pungeva. Non differiva il ricordo di colonie e collegi, unici posti dove fino ad allora ero stato, ma, più profondamente, «la nostalgie de l’infini».
Jesu Passio
i lunedì dell’antropologia narrativa – di alfonso nannariello
La quaresima era un rumore di cose acute urtate tra loro. Era un rimettere a posto la stanza. Era un rimettere ordine al soqquadro del Carnevale che aveva levato la carne più in alto di tutto e sfogato ogni sua pulsione. Era la mortificazione del corpo. Era la punizione per la dissacrazione del «prendete e mangiatene tutti. Prendete e bevetene tutti» dell’Ultima Cena.
Sotto il silenzio grigiopiombo del cielo, la scena di un’allegria brutale: un’umanità imbestiata ed urlante parodiava la comunione bevendo vini mescolati nel ventre tondo di Carnevale –una damigiana dentro il fantoccio coperto dalle vesti- e spartendosi il ben di Dio raccolto nei panieri e dentro i cesti.
L’angelo nell’angolo
i lunedì dell’antropologia narrativa – di alfonso nannariello
Una presenza minacciosa mi aveva già sconvolto. Quella sensazione di un male imminente che mi versava dentro lo scuro già la conoscevo.
Un paio di giorni dopo il solstizio d’estate, a san Giovanni, si battezzavano le bambole. Era un giorno di festa. Vestito per bene salii da zie’ Lina. Con delle stoffe, una cuffia e delle fasce preparava u pup’l a Rosellina. Con gli altri bambini vicini di casa andammo alla funzione, chi come compare chi come genitore.
La chiesa di san Michele l’avevo vista solo da fuori. Pezzi di calcina si staccavano dagli intonaci dei muri. Dalla luce passammo a un umore d’ombra improvviso. Dentro mi pareva che fosse tutto confuso. L’aria del chiuso profumava di foglie e di mele.
Eravamo tutti intorno al prete per vedere. Vicino a me un bambino, che forse già l’aveva altre volte visto, sottovoce disse
u riav’l!
Con aniline nere
i lunedì dell’antropologia narrativa – di Alfonso Nannariello
Uno nella curva sembrava rifrangere la parte più sospetta di ciò che è fuori dell’ordine della natura. Su un bicipite teneva tatuata l’immagine della Madonna di Pompei. La si vedeva quando, stando in canottiera, si rinfrescava l’anima riarsa dal bruciore dei campi dove, tra luglio ed agosto, lavorava.
Forse il suo verso contrario mi era stato spiegato da voci addensate su di lui, o forse dal suo aspetto, oppure dal fatto che stava in uno scantinato, come costretto ad una punizione, interrato tra ghiaia e carbone. Purificando col setaccio queste rene d’incertezze resta separato un materiale: quell’uomo aggrinzito, con quel braccio a me sembrava reggere tutta la scurìa[1]. Perciò, per tutta la durata della sua vita, immancabilmente, alla sua vista mi sentivo dentro un freddo, come quando il tempo cambia.
L’inatteso
_ i lunedì dell’antropologia narrativa – di Alfonso Nannariello
Nell’angolo a sinistra della cristalliera, per Natale mio padre preparava un presepio senza cielo, su una superficie di tavole inchiodate, col muschio che andavamo a fare a Santa Lucia e gli alberi coi rami, spezzati nella nebbia, dei cipressi. Le pecore e i pastori erano comprati, altri, in terracotta dipinta, li aveva fatti lui, anni prima. Coperta col muschio, la capanna era una lamiera curva, il palazzo di Erode un tubo d’eternit pitturato, il paesaggio un deserto di tufo con la neve d’ovatta o di cemento bianco. Vicino c’era l’albero con i fili d’argento e la stella cometa di plastica e lustrini; sopra a tutti i rami babbonatali e renne di cioccolata avvolti in una carta stagnola.
In posa altèra
i lunedì dell’antropologia narrativa – di Alfonso Nannariello
Si sarebbe potuto, sfogliando, scambiarne non pochi per apaches o cherokees.
Dalle foto di calitrani della fine dell’’800 e del primo ‘900 che ho visto nella raccolta curata dal mio amico Franco Arminio, Siamo esseri antichi, e dalla descrizione di De Sanctis me li figuro una bestemmia fatta carne. Sembrano, in quella posa altèra, ritenersi i più in alto nella scala degli esseri esistenti.
Quelle espressioni asciutte e quella gravità testimoniano una smisurata opinione di sé, che li fa competere in forza e rigore con Dio. Sembravano ritenere di possedere tutta l’elevazione data a degli esseri in un tempo mitico. Forse in virtù di questa consapevolezza, che non consentiva loro di abbassarsi ad esseri inferiori, erano attenti a non decadere da quel loro stato, a non gettar via il loro onore con parole fuori posto o commettendo azioni sconvenienti ed atti vili.
In una concisa chiarezza
i lunedì dell’antropologia narrativa – di Alfonso Nannariello
Qualche giorno prima del matrimonio nella casa di mia madre si esposero con cura i panni della dote, per farli apprezzare. Poi si compilò l’«Elenco nominativo del corredo» che fu «letto, accettato e sottofirmato dagli sposi in presenza di tutti gli invitati».
La lista serviva ai figli maschi per non fare avanzare alle sorelle pretese alla divisione finale. Letta di fronte agli invitati serviva a far giudicare l’intima corrispondenza di quanto era dato con le possibilità economiche della famiglia e a far riconoscere che non più di quello era dovuto alla figlia che andava a costruire la casa del marito.
«Amandula inzuccherata»
(ritornano) i lunedì dell’antropologia narrativa – di Alfonso Nannariello
oh dolce cume lu mele!
nun la vidite stamane,
cum’è turnata crudele?
Amandula inzuccherata
occhie amare come fele.
(lamento di una madre còrsa di Pietra della Verde sulla figlia morta)
Nella bara bianca i confetti erano sparsi sul crespo balletto dei veli di Nina r Scatòzza[1] con gli occhi di due anni chiusi, nel vicolo sopra casa, affossati da un mistero.
ancora sul compleanno!
per motivi tecnici Alfonso Nannariello sospende i LUNEDI’ DELL’ANTROPOLOGIA NARRATIVA
Dopo lo stress del pensamento, ci siamo seduti di fronte a un tramonto scelto a caso a pensare.
Sepolti in un album
I lunedì dell’antropologia narrativa – di Alfonso Nannariello
Il salone fu la camera ardente di mia nonna, esposta su una branda per l’omaggio. Coi denti sguainati dal dolore tirato sulle labbra, fu adornata dal vestito della morte, preparato in tempo, prima. Veletta e guanti in nero. In tasca una moneta, ai piedi i fiori a mazzi e le felci del cuscino. Lungo le pareti corone e veli neri -con le scritte in lettere dorate di figli, figlie, generi e nuore- e visitatori, compunti come alberi invernali. Ai lati della salma, quattro candelieri.
Parato a lutto il salone fu lo sfondo delle foto rituali da mandare a mia zia, in America: al centro l’armatura del corpo defunto e l’ombra di mestizia dei parenti ai lati; come l’undici d’aprile dell’anno prima, come mi pareva che fossero i volti in bianco e nero nel giorno in cui fui battezzato. Al lutto si offrì caffè, come un refrigerio per la morte; al battesimo mandorle affogate al cioccolato, segno che era seppellito nell’acqua il mio peccato.
POESIA MERIDIANA. La cifra di un qualcosa
di Alfonso Nannariello
Organo del Centro di Documentazione sulla Poesia del Sud di Nusco è la nuova rivista di poesia Poesia Meridiana. Spazi e luoghi letterari per i Paesi Mediterranei e per i Sud del mondo edita «Altairpinia» voluta dai direttori Paolo Saggese e Giuseppe Iuliano. Il numero zero, appena uscito, raccoglie poesie da Italia, Grecia, Guinea Conakry, Iraq, Kosova, Madagascar e Palestina.
La rivista è stata presentata a Nusco il 18 ottobre, giorno inaugurale del Festival della Poesia dei Paesi del Mediterraneo.
Questa nuova rivista è, con i tre volumi di Poeti del Sud, con Quando il terremoto è nell’anima. I poeti del 23 novembre e Operai di sogni. Poeti irpini del Novecento, tutti editi da Sellino, e con le tre edizioni del Festival della Poesia del Sud… e per il Sud, un nuovo frutto di quel lungo lavoro di équipe iniziato nel settembre del 2002.
Alfonso Nannariello, poeta della linea religiosa
di Paolo Saggese
Un poeta estremamente discreto, scrittore raffinato e profondo, che, come ha osservato acutamente Alessandro Di Napoli, proprio per il suo carattere ritroso e umile è probabilmente meno noto di quanto meriti, e forse meno apprezzato di quanto meriti, è Alfonso Nannariello, poeta di Calitri, appartenente a quella “linea religiosa” della poesia irpina, che annovera altri illustri rappresentanti, oltre a Pasquale Martiniello, che tra l’altro ha scritto poesie sul sentimento religioso di grande e notevole significato. Oltre alle raccolte e ai volumi già editi di scrittura d’arte (“Le nozze della notte”, 1993; “A devozione”, 1995; “Via concezione”, 2003), si segnalano “Calitri. Una poesia di Ungaretti da ritrovare” (Delta 3, Grottaminarda, 2006), e da ultimo sempre per i tipi di Silvio Sallicandro “Dal fondo dei ritratti. L’opera di Luigi Rainone (1968-1975)”.
come ai tempi delle catacombe
di DIEGO MOTTA
Un ritorno a tempi bui della storia, quando la discriminazione nei confronti del «diverso» era dichiarata. « I fondamentalisti indù hanno detto: per ognuno dei nostri che viene ucciso, ne vogliamo uccidere tre dei vostri». La voce di Alex Dias, vescovo indiano di Port Blair, arriva al telefono chiara e inequivocabile, come il messaggio che deve trasmettere. « La Chiesa in India è tornata ai tempi delle catacombe: ci sono oltre 10mila cristiani nascosti nella giungla, decine di migliaia di persone ammassate nei campi profughi e anche in comunità come queste delle isole Andamane e Nicobare, dove la situazione è relativamente tranquilla, ormai si percepisce un clima di intimidazione » . Venerdì scorso, la Conferenza episcopale indiana è intervenuta per chiedere giustizia, invocando «azioni forti contro i gruppi indù autori delle violenze » .
Monsignor Dias, come spiega l’atteggiamento di indifferenza, quando non di ostilità, del governo del Paese nei confronti della minoranza cristiana?
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De iusta proportione
I lunedì dell’antropologia narrativa – di Alfonso Nannariello
In verità a casa qualche cornice c’era. Le conservo ancora. Una era nel salone: una striscia dorata di due dita con il bordo stuccato come se fosse un intaglio. Dentro, su un foglio di compensato quaranta per cinquanta, era dipinto ad olio un lago stretto tra i monti e le case. Era il regalo di Alfonso Usiello, un pittore di Torre Annunziata che al matrimonio dei miei aveva fatto da testimone. Appena un poco più in basso, tra le due foto dei nonni, il quadro stava sulla parete come una marca a fare la sua figura. Nel quadro tutto era fermo come in un quadro è fermo, ma avevo l’impressione di un silenzioso arrivo da una barca.
Una tempera compatta
I lunedì dell’antropologia narrativa – di Alfonso Nannariello
Il padre di mio padre morì nel 1935, a cinquantasei anni. Era tornato dalla guerra a fare il muratore. A casa gli obbedivano senza che alzasse mai la voce, a volte senza che parlasse. In quel silenzio pacato e fermo era raccolta la sua forza, lo spirito inviolabile della sua personalità.
Credo che in tutta la sua vita non abbia mai messo la cravatta. Sull’ingrandimento di una foto del marzo del ‘33, fatta per la carta d’identità, gliela dipinse il fotografo con una tempera compatta. Gli fece anche il colletto della camicia con un celeste molto molto chiaro.
Anche se più spesso si usavano camicie r p’stàgna[1] e fazzoletti da collo, avere una cravatta e camicie col colletto non era più raro. Lui di certo una cravatta vera l’aveva, tanto che sua moglie lo riprese, così mi ha detto mia cugina Lisabbètta, il giorno della foto, quando non la mise.
Da acqua che si è fatta ghiaccio
I lunedì dell’antropologia narrativa – di Alfonso Nannariello
Mi è parso di capire che i miei sentissero la casa come loro carne e se stessi come intonaci dei suoi muri.
Dentro queste sue stanze ho trovato le loro impronte come aure intorno alle pareti e ne ho sentito i passi. Li ho sentiti adattarsi a mano a mano alle cose della vita.
Dalle loro foto e dalle loro carte, come in una pozzanghera, da acqua che si è fatta ghiaccio, ho potuto intravedere sotto cosa c’è.
INDIA, LA CACCIA AI CRISTIANI NON SMUOVE L’OCCIDENTE
Questa notizia è dedicata soprattutto a coloro che si informano soltanto attraverso il TG1 delle 20. Costoro infatti, ancora non sanno che in India, più precisamente nello stato dell’Orissa, si è scatenata la caccia al cristiano da parte dei fondamentalisti indù. Finora il bilancio parla di 14 morti, una cinquantina di chiese distrutte, centinaia di case bruciate o distrutte, villaggi messi a ferro e fuoco, decine di migliaia di sfollati. Le violenze anti-cristiane in Orissa vanno avanti da molto tempo, ma l’ondata scatenatasi in questi giorni non ha precedenti. Ad innescarla la morte di un leader religioso indù, pretestuosamente attribuita ai cristiani proprio per scatenare la reazione. A fomentare le violenze sono i gruppi estremisti indù, che mescolano il fondamentalismo religioso al nazionalismo più estremo, ma le autorità locali appaiono compiacenti mentre il governo centrale non sembra avere né la forza né la volontà di fermare le violenze.
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La biacca sugli infissi
I lunedì dell’antropologia narrativa _ di Alfonso Nannariello
La casa non perse niente di questo suo carattere e nessuno dei suoi sensi anche quando divenne una fonte di reddito per diversi anni.
Rispetto a tante era certo più grande. Oltre al salone aveva una stanza in più, almeno, e un altro bagno, che separava la nostra lòggia[1] da quella di zi’ P’ppin[2].
Per un anno intero ad Enrico, il barman r zie’ Nanà[3], trasferitosi da Napoli con tutta la famiglia, fu data la camera più ampia, quella di mamma e di papà.
Senza cornici né specchiere
i lunedì dell’antropologia narrativa _ di alfonso nannariello
Mio padre e suo fratello divisero la casa. Furono chiuse le porte dei muri diventati di confine e demolita la scala tra le due cucine. Da noi fu rifatta la làmpia
[1] del soggiorno e, con un sottotetto per gli attrezzi di mio padre, fu comprata la paglièra[2] nel vicolo, per un’altra via d’uscita da quella parte e per un porta a porta ancora con mio zio. Si aggiustarono le porte sulla scalinata sulla strada e si aggiunse una ringhiera al pianerottolo esterno, per non farmi cadere.
morire per il formicoso / alfonso nannariello
morire per il formicoso / performance di Alfonso Nannariello in “Versi per il Formicoso” tenuta nel Castello di Sant’Angelo dei Lombardi domenica 7 settembre 2008 _ guarda il video
Come rosso è il mattino
da questa settimana un testo di antropologia narrativa di alfonso nannariello
Il diciassette gennaio, mentre i ragazzi in strada accendevano al tramonto i fuochi r sant’Antùon nella neve, si ruppero le acque. Quando con i primi rumori di carnevale i fuochi sfinirono lasciando la neve disfatta dalla cenere, all’alba nacqui io. Sotto un arco dell’unica casa, dalla parte che fu di mio zio, sotto il tabernacolo dove da bambino servivo la messa e, con una riproduzione di terracotta smaltata della madonna, facevo la processione.
A titolo di grazia la vammàna era stata con noi dormivegliando ai gridolini e agli urli del primo travaglio di mia madre. All’ultimo momento fu svegliata ‘Nd’nètta, una cugina di mio padre che stava di fronte a noi, per il soccorso.
agli dèi mangiatori
Sotto una lode di nuvole e lampi
sbarcherò con amorini e putti
nelle acque poco profonde
del piatto d’argento,
tra aragoste, branzini e brasati
contro il vento e i tuoni
di tutti i vostri rutti.
/ alfonso nannariello
per una comunità paesologica 2
spero che anche questo testo della MELTEMI possa essere utile alla nostra riflessione _ alfonso
Sabina Lenoci |
Il progetto per lo spazio aperto può considerarsi un vero e proprio laboratorio di sperimentazione di nuove ipotesi sulla città contemporanea, in continuità con una lunga tradizione che ha avuto avvio negli anni Sessanta negli Stati Uniti. L’“uscita nel territorio” per gli artisti che diedero vita alla land, la process, l’earth, l’environmental art inaugurò un proficuo percorso di lavoro in parte artistico e in parte urbanistico, interessato a una rifondazione della civiltà urbana nel territorio. Le recenti collaborazioni tra artisti, urbanisti, tecnici e studiosi delle scienze della terra, le esperienze di ecovention e di landscape urbanism proseguono la ricerca di strategie e materiali innovativi. In questo testo vengono ricostruiti alcuni sfondi del rapporto tra arte visiva e urbanistica ed esaminati esempi significativi per la messa a punto del progetto dello spazio aperto e collettivo della città. I casi analizzati mostrano concretamente cosa si intenda per nascita di una nuova etica ambientale e progetto urbano legato alla tradizione artistica. Sabina Lenoci, architetto, è dottore di ricerca in Urbanistica. Attualmente insegna Urbanistica allo iuav nel biennio di specializzazione “Architettura e città”. Tra le sue più recenti pubblicazioni: “Percorsi”, in Segni (2002); “Immagini”, in Torino, il villaggio olimpico (2005); Il progetto delle strade come luogo di sperimentazione per il progetto urbanistico contemporaneo (2005). Dal 2002 dirige il settore Urbanistica del Comune di Chioggia. |
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a devozione / alf
ti ho dato, amore / i miei lamenti / la frusta del mio cuore / i morsi dei miei denti
oggi/alf
Sui sigilli del ventre
vertigina ponente.
La solitudine dispone le sue truppe
in formazione di combattimento
e il grigiore assalta col vento
le fronde del venerdì santo.
In lente ascensioni di porpora
avanza stendardi un dolore.
Una pioggia si prepara a cadere
nella macchia e sulle linee nemiche
sui miei capelli grigi e sulla terra
sulle caviglie e sui polsi
legate alle spalliere dei letti.
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alfonso nannariello