COMUNITA' PROVVISORIA

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intervista a raffaele nigro

di ANDREA DI CONSOLI  ____   ____ Intervistiamo Raffaele Nigro, in libreria con un nuovo, bellissimo romanzo, Santa Maria delle Battaglie (Rizzoli, 298 pagine, 21,00 euro), su vari temi, dal Mediterraneo alla grande editoria, dal Sud allo scempio del paesaggio meridionale, dalla politica al premio Strega.  

Nigro, partirei da un suo libro di qualche anno fa, Diario Mediterraneo. Si è parlato, e tanto si parla – giustamente – di Mediterraneo. E’ cresciuta la nostra cultura mediterranea? E la Rai – in cui lavora dalla postazione di Bari – riesce a essere la testimone degli accadimenti del Mediterraneo?

Il Mediterraneo è diventato un argomento da salotto. Il pensiero meridiano un’utopia irenica che non fa i conti reali con un mare di fughe e di agnizioni, un mare di speranze e di popoli che si scontrano, chi per difendere la propria ricchezza e chi per sedersi al tavolo dei ricchi. La Rai? La Rai si è accontentata di una trasmissione specializzata del sabato. Ci fu un momento alla fine degli anni Novanta quando con Luciano Violante pensammo a un telegiornale del Mediterraneo. Lavorammo a costruirlo e alla fine non se ne fece nulla perché non c’erano soldi o non c’era la volontà del Parlamento.

I politici italiani – in specie meridionali – sono all’altezza dei nuovi scenari culturali, politici ed economici che stanno emergendo dall’allargamento mediterraneo?

Mi pare di no. Il fatto è che ci sono pochi politici in Italia, ci sono invece improvvisatori che si danno alla politica per partecipare a qualche utile spartizione.

Pensa che il paesaggio meridionale sia definitivamente devastato? Di chi è la colpa?

Della nostra ignoranza. Delle grandi industrie che hanno inviato vagonate di immondizia nelle nostre valli. Di un’edilizia che per tutti gli anni 50-80 si è affidata ai capimastri e ai geometri e ha costruito bunker e scatoloni di cemento, di urbanisti guidati dall’affarismo o dalla mafia o dalla camorra e che hanno realizzato periferie infinite e orrende. Purtroppo quaggiù il peso della mentalità delinquenziale è stato per troppo tempo diffuso, a partire dalla guerra per l’unità, per tutti gli anni democristiani e nell’era attuale.

Qual è lo stato di salute della cultura al Sud? 

Provo a rispondere. Se cultura è l’università, si è scoperto da Sud la parentopoli delle università, ma questo è un male nazionale. Se cultura è i quotidiani, noi abbiamo quotidiani locali incapaci, per assenza di capitali, a portare il nostro punto di vista fino a Roma e a Milano. I vettori informativi potenti vengono da nord e non da sud. “Il Mattino”, “La Gazzetta del Mezzogiorno” e “La Sicilia” vendono poco, nonostante le potenzialità. Ma in generale si vendono pochi quotidiani, anche se a diffusione nazionale. Se cultura è il livello formativo generale, debbo dire che quarant’anni fa avevamo l’80 per cento di analfabeti e dunque abbiamo una società spaccata, tra generazioni legate a una cultura arcaica e rurale, altre di piccolo-borghesi con scolarizzazione media e molti giovani superlaureati e disoccupati. Siamo comunque una società in cammino, in grande fermento, nonostante le difficoltà economiche che tutti sappiamo.

Nichi Vendola ha cambiato qualcosa, in Puglia? La convince come leader? 

Ha un po’ dissipato le nostre speranze e le nostre utopie. I partiti lo hanno certamente inchiodato, costringendolo a scelte non sempre felici. Quando parla ti incanta.

E cosa pensa del suo predecessore, Raffaele Fitto?

Che è arrivato giovane al potere e ha  una mentalità da ragioniere. Ma per i ruoli amministrativi abbiamo bisogno di ragionieri consigliati dai poeti.

Lei è uno scrittore lucano trapiantato a Bari. Alla Lucania, oltre a romanzi cruciali come I fuochi del Basento, Ombre sull’Ofanto, Dio di Levante, Malvarosa, ha dedicato moltissimi studi, finanche filologici. Cosa le piace e cosa non le piace della Lucania di oggi?

Mi piace che nonostante tutto ha difeso le montagne, il verde, i fiumi. Mi piace la sua letteratura, da Orazio a Isabella Morra, a Tansillo, ai grandi illuministi Lomonaco e Pagano, e soprattutto l’800 meridionalista, Nitti e Fortunato, e il 900 di Sinisgalli, Levi, Scotellaro, Pierro. Ci fu un fermo biologico negli anni Settanta e Ottanta con una ripresa oggi straordinaria. Dopo i poeti che arrivano fino a Trufelli e Riviello e Stolfi ecco i narratori, Cappelli, Lupo,Venezia. Per una piccola regione è tantissimo. Non mi piace che abbia aperto le falle della delinquenza organizzata, che si stia riducendo a pochissimi abitanti e che stiano fuggendo tutti.

Cosa invece le piace e non le piace della Puglia di oggi?

E’ una regione moderna e ricca, non razzista, perché ha saputo accogliere albanesi e turchi. E’ la grande regione dell’entroterra e dei paesi di formicoli che hanno saputo riciclarsi da contadini in albergatori e ristoratori e industriali. Questo è però anche il suo limite, perché la Puglia è una regione di piccoli venditori e non di grandi imprenditori e con ritardo sta comprendendo che la cultura è il suo futuro.

L’editoria italiana pubblica ormai decine di scrittori meridionali. Fino a vent’anni fa era inimmaginabile. E’ una vittoria?

Penso di sì, perché la grande editoria si è finalmente accorta che la creatività fiorisce a tutte le latitudini e dopo la stagione dei grandi, da Verga a Tomasi di Lampedusa, non tutti i cervelli erano andati altrove.

E’ penalizzato uno scrittore che vive al Sud?

Diciamo che ha degli handicap dovuti alla distanza da Milano e da Roma. Il vero handicap nasce dal fatto che il pubblico dei lettori è un grande pubblico borghese e acculturato, perlopiù femminile, e questo si trova soprattutto dal Centro al Nord. Al Sud si sta formando una società di lettori, a fatica, con i presidi dei libri e con l’introduzione nella scuola di romanzi e di narratori. Ci sono meno soldi e poca tradizione. E questo si paga in numero di copie vendute. Il caso Camilleri è storia a sé, tocca il romanzo di genere e lo assimilo a Faletti. E’ la storia dei commissari e dei poliziotti e dei detective. Una faccenda a sé. Il Camilleri de Il re di Girgenti è un autore che non si vende e non si legge.

La convince la grande editoria di oggi?

Non mi piacciono le operazioni di marketing che si stanno organizzando. Il gioco sta in questo, scoprire un giovane all’anno, correggergli il compitino scopiazzato a qualche americano, e poi lanciarlo nel mucchio. Se ci cogli ci cogli e stravendi. Dunque si cercano talenti a tutti i costi che al secondo romanzo crollano e al terzo non arriveranno mai. E’ la società dei numeri primi.

Che senso ha questo profluvio di libri che vengono pubblicati in Italia?

Che siamo di fronte al supermercato della carta, dove comunque tutti hanno diritto a scrivere e a pubblicare, ma tutti dovrebbero anche avvertire il dovere di acquistare libri e leggerli.

In questo scenario così complicato, che ruolo ha la critica letteraria italiana?

Nessun ruolo. Perché non la legge nessuno. A meno che non si nasconda in articoli di attualità varia. Il lettore oggi chiede il sangue e non la finezza.

Cosa pensa del premio Strega edizione 2009?

Che Del Giudice ha sbagliato a ritirarsi, perché se c’è qualcuno che lo merita è proprio lui, a prescindere dal doppio misto di Mondadori ed Einaudi. A questo punto se ce la facesse Vitali non sarebbe una cosa scandalosa.

Written by A_ve

15 Maggio 2009 a 8:36 am

Una Risposta

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  1. sono d’accordo sulla parentopoli nell’università. Secondo me questo è uno dei mali principali del Sud perchè al posto delle persone preparate in cattedra ci sono i raccomandati. Io ad esempio mi sono dovuta rivolgere ad universitalia perchè, dovendo anche lavorare, i miei professori non erano mai disponibili a rispiegare al ricevimento oppure non erano in grado di essere chiari. Spero che la situazioni cambi.

    Mary

    15 Maggio 2009 at 12:00 PM


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