COMUNITA' PROVVISORIA

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giobbe a teora

metto qui un pezzo di paolo speranza uscito sul mattino in occasione della presentazione del mio film a napoli.

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“Stavano sul divano. La casa è crollata. Lui si è trovato davanti al figlio maschio. Lo ha riparato. Durante tutta la notte sono rimasti sotto. La bambina non la sentivano. Lui e il figlio li hanno tirati fuori al mattino. Poi è uscita anche la moglie. E’ uscita viva. Mentre la portavano al campo sportivo, il vento le ha sollevato la gonna e lei se l’è sistemata con le sue mani. L’hanno portata a Napoli. Sembrava che non stesse tanto male. Il giorno dopo è morta. Intanto avevano tirato fuori dalle macerie anche la figlia di dieci anni. Ascolto questa storia mentre siamo fermi nella mia macchina davanti al cinema. Il padre dice che guardava la figlia e sperava che non fosse morta. Aveva rovesciato il coperchio della bara e ci aveva messo la figlia sopra. Io ascolto, sento che non riuscirò a dimenticare questa storia (…)”.

Impossibile dimenticarla, una storia così, dolorosa e struggente, come tante altre di quella tragica sera del 23 novembre ’80. La vicenda di Francesco Lepore, di Teora, che col terremoto ha perso la madre, la moglie e la figlia, è una delle pagine più intense di Vento forte tra Lacedonia e Candela, il libro di Franco Arminio, edito da Laterza, che ha consacrato l’”Irpinia d’Oriente” come paesaggio letterario del nostro tempo. Al termine del colloquio, lo scrittore di Bisaccia annota: “Guardo l’orologio, usciamo dalla macchina, mi pare di aver parlato con la reincarnazione di Giobbe”. E oggi, a trent’anni dal sisma, Giobbe a Teora diventa un film: un documentario di 18 minuti, diretto e montato (con la collaborazione di Gerardo Procaccino) dallo stesso Arminio, che lo presenterà in anteprima domani alle 16.00 all’Accademia di Belle Arti di Napoli nel convegno dell’Airsc (Associazione italiana per le ricerche di storia del cinema) che quest’anno, in collaborazione con “Quaderni di Cinemasud”, dedica una sezione al Risorgimento ed una a cinema e terremoto, con proiezioni, dibattiti e un incontro – questo pomeriggio – con il regista Michele Schiavino, autore di origini irpine (di Calabritto) a cui si devono, fra gli altri, il cortometraggio Cratere (con musiche di Paolo Fresu) e il video A piena voce, con un’intervista a Carmelo Bene in occasione della Lectura Dantis di solidarietà ai terremotati a Salerno.

Per Francesco Lepore, il “Giobbe” di Teora, la stagione del dolore non si esaurì col terremoto. Arminio la racconta nel film con rispetto, attenendosi fedelmente alla realtà ed alla testimonianza del suo interlocutore, carica di quella rassegnata dignità che è stata il tratto distintivo delle nostre popolazioni di fronte alle catastrofi.

“Ho voluto ricordare con questa storia che il terremoto è stato prima di tutto una disgrazia terribile per la nostra terra”, commenta il regista-scrittore, che dopo Viaggio in Irpinia d’Oriente, La terra dei paesi, il nuovo Scuola di paesologia e l’imminente Guida sentimentale all’Irpinia (un ambizioso progetto con il patrocinio della Provincia), si cimenta con Giobbe a Teora in un genere nuovo. “Anche in questo film, tuttavia – precisa Arminio – ho fatto valere soprattutto la passione, più che il mezzo tecnico, da “inesperto” quale sono e, fieramente, rimango”.

Sta di fatto che anche il Giobbe a Teora in versione cinematografica ci consegna suggestioni difficili da dimenticare. L’immagine spettrale del centro storico di Teora, ad esempio, così simile (persino in peggio) alla nuova Bisaccia, con le “stecche” dell’architetto Giorgio Grassi – ricordate sabato scorso su queste pagine da Marco Ciriello – e i cubi in cemento armato in stile Secondigliano, quanto di più stridente e antitetico rispetto alla tradizionale edilizia dell’Alta Irpinia, frutto della “creatività” urbanistica di un quotato docente universitario, peraltro nativo di Teora, come Agostino Renna. O la scena finale, con la partenza di un pullman pieno di passeggeri, destinazione Svizzera: nessuna voce fuori campo a commentarla, nessuna intervista.

Dopo trent’anni nel segno delle parole, il regista-scrittore di Bisaccia, come già Schiavino, ha voluto far parlare soprattutto le  immagini, che dicono più di tutto sul dopo-terremoto e sulle prospettive di un’Irpinia che ritrova, nel personaggio biblico evocato da Arminio, la metafora del suo presente.

 

Written by Arminio

26 novembre 2010 a 11:41 PM

Pubblicato su AUTORI