COMUNITA' PROVVISORIA

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L’UMANESIMO delle MONTAGNE

di LUCREZIA RICCIARDI

“Andate nei paesi allora, andate dove non c’è nessuno in giro. Abbiate cura di credere alla bellezza sprecata del paesaggio, portate il vostro fiato alle sperdute fontanelle del respiro” Franco Arminio, Elda Martino, Angelo Verderosa , Mauro Orlando, sono solo alcuni tra i tanti fautori del pensiero paesologico. Esiste un blog (https://comunitaprovvisoria.wordpress.com/) che declina al meglio lo slogan “pensare globale, agire locale” la paesologia è un po’ tutto questo: Sguardo largo e piedi a terra, consapevolezza di uno status quo e volontà di riscatto. Quello che trovo in questo blog é qualcosa che pulsa laddove si crede che tutto sia spento, “dal Pollino alla Maiella” bleffando dice l’occhiello del blog, è l’ombelico irpino invece l’ orizzonte di questi blogger, ma questo non conta granchè, ciò che conta è che questi signori attraverso la rete mandano addirittura segnali di accellerazione. Alla desolazione, al senso di sconforto, alla marginalità apparente di questo bistrattato “entroterra” stanno cercando di rispondere attraverso la regina delle infrastrutture, attraverso la “CULTURA” si vuole infatti leggere, riscoprire, percorrere e finalmente VIVERE il proprio territorio. Questa è la novità.,
Al castello d’Aquino di Grottaminarda (Av) il 9 gennaio scorso si è tenuto il 1° seminario sulla paesologia, la giornata di pioggia a noi (un Pestano e due Alburnine-dicasi quindi ”Lucani”) non ci ha scoraggiati, insieme ad un piccolo esercito di poeti, filosofi, insegnanti, archeologi, medici, impiegati, architetti, economisti, pubblicitari, casalinghe ed altra umanità, ci siamo messi in marcia per questo appuntamento. Al tam tam lanciato via web hanno risposto persone che risiedono in svariate località e città campane, questa giornata paesologica si svolta senza salamelecchi per nessuno e quindi si è autofinanziata, non c’erano i personaggi della cultura infiocchettata e non c’erano i tromboni della politica, mi è parso quindi un dialogo orizzontale, ogni intervento ha aggiunto stimolanti e variegati tasselli alla versione paesologica del “vivere in provincia”. C’era poesia infilata dappertutto, in una grotta sotto il castello c’è stata poi a conclusione della giornata anche una appendice teatrale.
Da questo convegno ho tratto nuovi spunti di riflessione: Tutti i paesi si assomigliano svuotati come sono di quel sangue e di quella energia umana che esonda invece nelle caotiche strade cittadine e lungo la costa…ma non è stato sempre così l’archeologia, la storia, ci danno un contributo che capovolge e stravolge l’assetto attuale della nostra geografia e dei suoi baricentri. L’archeologia ci insegna che non esistono zone periferiche, anche sulle montagne più impervie (penso a Moio della Civitella) ci sono tracce di imponenti insediamenti, la presenza umana si addensava sulle alture e l’agricoltura ancorava la popolazione a vasti territori. Attorno ai reticoli di strade d’età romana hanno prosperato importanti municipia, Volcei, Aeclanum erano parti integranti e vitali di un vasto impero, con la stessa magnificenza si edificavano Roma e Pietrabbondante. Non c’erano posti “sperduti” tutto era centro e tutto era periferia la cura per i luoghi, l’arte edificatoria, strade, ponti, acquedotti, fori, templi, la civiltà affermava così se stessa ovunque. Si pensava e si realizzava in grande, poi l’impero si è frantumato e le dinamiche migratorie hanno fatto il resto. Per farla breve e per arrivare ai giorni nostri c’è da dire che paghiamo due volte lo stesso fenomeno, città sovraffollate e paesi spopolati, entrambi invivibili. Dei problemi della città si parla tutti i giorni, è cronaca ed in tanti se ne occupano, di questa Italia che qualcuno definisce “minore” invece se ne parla molto poco, quasi come se non esistesse, su questa dorsale appenninica spolpata è rimasto solo l’osso e non sorprende che nessuno si occupi seriamente della vita e del futuro dei suoi abitanti, i paesi appenninici sono visti e si vedono essi stessi come riserve indiane destinate ad autoestinguersi. Cosa si può fare per evitare questo allarmante scenario che molti prefigurano?
Piccole lampadine si accendono ma attualmente non so rispondere. Forse necessita un nuovo umanesimo che parta proprio dalle zone interne, uno sforzo collettivo, un piano strategico. Ma poi penso, se il paese è un luogo dove “non si può barare” questo fuggi fuggi si comprende meglio: Nessuno vuole più guardarsi allo specchio. Si tornerà al proprio paese quando faremo pace con noi stessi.
11 gennaio 2009 Lucrezia Ricciardi

l’articolo uscirà venerdì 15.1.2010 sul settimanale “Unico”.

7 Risposte

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  1. Grazie per la presenza ma sopratutto per questo scritto di sensibile condivisione e stima.Il viaggio che abbiamo intrapreso assieme è complesso ,difficile e lungo ma ricco di suggestioni e soddisafzioni.Siamonel giusto e nella bellezza in modo originale ed autentico…..
    non perdiamoci di vista!
    mauro orlando

    mercuzio

    12 gennaio 2010 at 3:51 PM

  2. pongo la domanda, non retorica, come mi viene di getto:

    perchè “nessuno vuole più guardarsi allo specchio”?

    perchè per tornare al proprio paese è necessario “fare pace con noi stessi”??

    Non se ne puo’ più di mestizia, ipocondria e pessimismo cosmico. Immaginavamo un po’ di linfa fresca, un po’ di acqua zampillante delle sorgenti, invece ci ritroviamo a non avere il coraggio di guardarsi nello specchio ed a dover fare pace con noi stessi.

    Dunque nell’intervento di Grottaminarda avrei centrato l’argomento: paesologia come pesatura delle anime, bilancia psicostatica…………………….

    Eppure mi era parso di capire che il mio intervento non fosse stato appieno compreso, per non dire travisato: mi ritrovo un controcanto tutto incentrato sulla pesatura delle anime e sulla ricerca del senso interiore, dell’equilibrio impossibile dell’autocoscienza.

    In conclusione

    si deve essere operativi o meditativi

    il fare, il pragma deve prevalere sul pensare o dobbiamo continuare ad esercitarsi con la retorica delle introspezioni psicologiche???

    Una risposta è gradita, sempre.

    Cordialità Rocco Quagliariello

    rocco quagliariello

    12 gennaio 2010 at 6:09 PM

  3. per Rocco- Ci vogliono entrambe le modalità perchè possa succedere qualcosa.
    il guaio è che, culturalmente, viviamo straziati dalle dicotomie, bianco-nero, buono- cattivo, azione- introspezione, ecc ecc. Voglio credere nell’ esistenza di una terza via dove gli opposti si unificano neutralizzandosi, mi viene in mente una canzone… la pecora pascea cu lu lione…

    lucrezia

    12 gennaio 2010 at 9:27 PM

  4. Ma come fa la pecora a pascolare con il leone? O il leone è sazio,narcotizza to, in altre faccende affac cendato o per la pecora non c’è scampo.
    È una legge di natura. Lucrezia per caso vuole im plementare il sistema con tronatura? In questo caso è decisamente preferibile dirla tutta intera non spez zettata. Il sistema dualisti co segue la teoria degli opposti che si attraggono ovvero il criterio dei con trari piuttosto che dei si nonimi. Se agisco non me dito, se medito posso pre sagire ma non agire.
    Garbo gentilezza
    Rocco Quagliariello

    rocco.q

    19 gennaio 2010 at 5:04 am

  5. @ rocco q.
    Era su un piano religioso e poetico che io facevo pascolare le due bestiole.
    In una vita poetica e religiosa è possibile VEDERE tutto questo.

    lucrezia r.

    19 gennaio 2010 at 3:26 PM

  6. gentile sig.ra lucrezia r., pascolare le due bestiole è un esercizio di retorica dei buoni sentimenti che mal si concilia con lo spirito comunitario altoirpino irpino che dir si voglia.

    Le vite poetiche e religiose possono trovare albergo ed asilo nelle sedi preposte( monasteri, conventi, abbazie, rituri spirituali) non certo sul un blog di una comunità provvisoria.

    Non sappiamo cosa farcene di questo mix poetico religioso, né ci interessa “vedere” attraverso gli occhi del cuore, giacchè gli occhi sono lo specchio dell’anima che , come a tutti noto, non ha nulla a che fare con il cuore, quanto piuttosto con la psiche e con la mente.

    Quindi, lasciando vaporizzare la poetica religiosa, cerchiamo di staccare l’ombra da terra con sussulti differenti, tipicamente umani, senza retorica e senza mistica. Grazie.
    Garbo gentilezza Cordialità
    Rocco Quagliariello

    rocco q

    19 gennaio 2010 at 7:09 PM

  7. Gratitudine e devozione verso la poesia mi ricorda persone e personalità di genere femminile che si commuovono fino alle lacrime per aver involonta riamente calpestato la co da di una bestiolina nasco sta sotto la foglia di fico e che sono disposte a farsi tagliare l’unghia del quin to dito(mignolino) della mano non dominante per barattare un pizzico di di gnità con lascivie e salame
    necchi,in forma privata con
    fidenziale assolutamente riservata. Mah!
    Questo post è in via di mummificazione?
    Saluti comunitari
    Rocco Quagliariello

    rocco q

    22 gennaio 2010 at 4:59 am


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